Grazie Alexis Tsipras, per esser oggi con noi: a Torino, a Milano, ora qui a Bologna, a pochi giorni dalle elezioni. La tua presenza ci dà forza. Anche la vittoria del tuo partito alle municipali ci dà forza: un’altra storia è possibile, fino a ieri ritenuta impossibile.
Ti abbiamo visto in televisione, pochi giorni fa. Tra tutti i candidati eri senza dubbio il migliore: l’unico che ha aperto una nuova prospettiva, l’unico che ha parlato di cose spinose, europee e anche italiane: delle devastazioni prodotte dall’ austerità, dei patti esistenti in Italia fra Stato e mafia, dello svuotamento sempre più evidente della democrazia e delle costituzioni, qui da noi e in molti paesi d’Europa.
Ho specialmente apprezzato il tuo accenno, in una risposta al candidato del Partito popolare Juncker, al vertice di Cannes del 2 novembre 2011. Hai confermato i tanti piccoli colpi di Stato – i tanti micro-infarti cerebrali della democrazia – che hanno avuto luogo nell’Unione da quando c’è la crisi. In quel vertice sono state decise, nel chiuso d’una ristretta oligarchia europea, i limiti che dovevano esser messi alla democrazia e alla sovranità popolare in due paesi dell’Unione: Grecia e Italia. In Grecia fu affossato un referendum sull’austerità. In ambedue i paesi si decise che non sarebbero stati tollerati governi regolarmente eletti. Pochi giorni dopo – l’11 e il 16 novembre –  cadevano il governo greco e quello italiano.

So bene che in Italia governava Berlusconi: da vent’anni volevamo liberarcene. Ma non in quel modo: non sostituendolo con un’oligarchia che si fa forte della morte della politica e della democrazia. Un’oligarchia che ci considera paesi di periferia, moralmente tarati, troppo pigri: da raddrizzare con la mano forte di tecnici o banchieri centrali.

Dopo il G20 di Cannes, in Italia abbiamo avuto tre governi guidati da non eletti. E a Francoforte abbiamo avuto un governatore della Banca centrale secondo cui siamo democratici, sì, ma le politiche economiche non mutano perché vanno avanti col pilota automatico. La sostanza di tanti vertici europei è questa: s’è rotto il rapporto fra democrazia e capitalismo: Nessuno lo vuol dire. Noi della Lista lo diciamo forte: pilota automatico vuol dire per noi questa rottura.

A quest’oligarchia noi replichiamo, fin da quando è nata la nostra lista unitaria: voi, oligarchi che ci governate, dite che l’austerità sta dando buoni frutti. Che le tante sofferenze e il lavoro introvabile e due generazioni perdute non sono inutili. Vengon sbandierate parole che sono contraddizioni viventi: l’austerità espansiva, la precarietà espansiva. È come se diceste: che bella cosa, il gelato caldo.

La nostra Lista è nata per dire che tutto quello che avete fatto per uscire dalla crisi è concretamente sbagliato. Che non avete capito né le cause della crisi e dunque necessariamente neanche i rimedi. Che l’Europa così come oggi è fatta non è più un’unione ma una Dis-unione, e tutto questo a causa della vostra cecità sulle cause e i rimedi.

È molto semplice, quel che diciamo ai governi e agli italiani. Le ricette fin qui applicate per uscire dalla crisi semplicemente NON FUNZIONANO. Lo ha ammesso perfino il Fondo monetario, anche se poi la via che suggerisce è sempre la stessa.

Non funzionano perché sono frutto di un’ideologia neo-liberista, non di una valutazione concreta dei fatti. Non funzionano per i disoccupati e i precari, ma nemmeno per gli imprenditori che vogliono produrre e investire e vendere e crescere. Non funziona aver diviso l’Europa fra nord e Sud. Non funziona aver diviso il popolo: da una parte quello che si adegua, e che continua a esser definito sovrano. Dall’altra il popolo messo ai margini, chiamato populista per meglio ignorarlo.

È vero, il pensiero neoliberista è ancora egemone culturalmente., nonostante i visibilissimi fallimenti. Non si spiega altrimenti come mai si stia negoziando un Trattato commerciale, tra Europa e Stati Uniti, che dà alle grandi imprese e alle multinazionali una completa libertà – libertà da ogni norma e legge – quando la crisi del 2007-2008 è scoppiata precisamente per questo: perché non esiste un mercato che si auto-regoli con le proprie forze, quindi spetta alla politica e alla democrazia imporre norme e tutele. Non esiste una «mano invisibile» che trasforma i vizi in virtù, la precarietà in più lavoro per tutti. Eppure è proprio questa sorta di fede religiosa nei mercati a guidare i negoziatori del Trattato commerciale tra Europa e Usa (Ttip). I veleni che hanno provocato la grande Depressione vengono reinoculati nelle nostre vene. Non so che altro nome dare a tutto questo se non quello di stupidità compulsiva. Cos’altro è se non insania, aspettarsi che lo stesso metodo, ripetuto ossessivamente, produrrà risultati differenti. È già accaduto in Europa, tra le due guerre. L’America capì che dalla crisi si usciva con un New Deal, l’Europa sprofondò nella recessione e poi nel nazifascismo. Siamo allo stesso bivio.

[do action=”citazione”]Noi siamo gli unici a proporre un New Deal per l’occupazione e una nuova crescita ecologica[/do]

Questo tipo di dogmi semi-religiosi possono durare a lungo, ma la realtà alla fine li smentisce. Avviene quando cambia l’egemonia culturale, e altre visioni mettono radici. Per questo è così importante che Tsipras vinca in Grecia, e che la nostra lista vinca in Europa. Le nuove idee da diffondere non sono solo di sinistra, anche se hanno rapporti profondi con la sinistra, quella vera, non quella di gran parte dei socialisti europei. Sono le sole idee che hanno un rapporto con la realtà. Sono le sole in cui non ci guadagna solo una classe, ma la società tutta intera. Vorrei ricordare qui una cosa che ha detto un commentatore tutt’altro di sinistra, nel Financial Times: «La gente presenta Tsipras come un pazzo di sinistra. In realtà è uno dei pochi che parla in modo razionale dell’Europa».

La nostra lista ha avuto difficoltà perché va oltre le mobilitazioni puramente negative («ne ho abbastanza», «tutti a casa»). Va oltre la rabbia e la paura, che non bastano. Va oltre la logica degli esperimenti. Dicono che siamo pericolosi perché vorremmo sperimentare l’impossibile. No. I veri sperimentatori sono i governi che applicano l’austerità con l’idea di «farcela pagare». E sono i nazionalisti che fingono il nuovo (l’uscita dall’euro) e propongono di ricominciare i nazionalismi.

C’è un detto che conosciamo bene: per fare la frittata, occorre rompere le uova. Va bene, le uova le hanno rotte, ma siamo tutti qui senza frittata. Noi siamo dalla parte delle uova. Siamo la voce d’insurrezione delle uova. Ce la faremo, a farci sentire, a non farci rompere, e anche a vincere.

* Intervento di Barbara Spinelli alla manifestazione con Tsipras di Bologna