A Livorno alcuni insuperabili buontemponi gli hanno fatto lo stencil con il faccione e la scritta “il mostro di Firenze”, rintracciabile sui muri di mezza città e perfino sulle pareti del Palazzo Civico. A Prato, dove si vota, e a Pisa dove si rinnovano le amministrazioni di 26 municipi della provincia, anche il Pd istituzionale è in aperta rivolta. Per effetto diretto dell’imbarazzante diktat renziano di far diventare l’aeroporto di Firenze un maxiscalo intercontinentale. Stracciando tutte le previsioni urbanistiche di un’area già satura; alla faccia di ogni elementare principio di tutela sanitaria e ambientale; facendo passare gli aerei sull’abitato pratese, e portando flussi e affari aeroportuali lontano dalla torre pendente. Quanto alla sua città, l’ex sindaco non deve temere solo l’indistinta protesta che ha portato quattromila persone in piazza per Beppe Grillo, ma anche il voto disgiunto di una corposa area dem. Che invierà in Palazzo Vecchio i consiglieri del partito, ma voterà sindaco il giovane e competente Tommaso Grassi, candidato unitario della sinistra ufficiale (Rifondazione e Sel) e di quella movimentista di Ornella De Zordo e Alba.

Messi in fila uno dopo l’altro, i segnali politici che arrivano dalla Toscana sono davvero brutti per un Pd che, complice il ventennio berlusconiano, da queste parti sembrava destinato a governare all’infinito. Anche solo per la mancanza di alternative credibili fra una sinistra troppo spesso subalterna; un grillismo troppo sopra le righe per una società civile fondamentalmente conservatrice; e una destra ammaestrata da Denis Verdini a perdere, perché al Cavaliere il giovane anticomunista Renzi piace assai. Questa volta invece si respira aria di burrasca, perché è andata in corto circuito la stessa compattezza della classe dirigente dem. Lacerata dallo sbrigativo codice binario – o con me, o contro di me – ben conosciuto da chi abbia assaggiato in anticipo le ricette del sindaco che volle farsi premier, passando sulla schiena di parecchi colleghi di partito.

Ben più della comparsata di Grillo in Santissima Annunziata, la pacata osservazione del pentastellato Massimo Artini sull’affaire aeroportuale fotografa lo stato delle cose: “Una situazione imbarazzante. Si era creato un sistema per cui la gestione degli aeroporti fosse intelligente su Pisa e su Firenze, e poi si è svenduto tutto agli amici dell’attuale presidente del consiglio”. Frasi che sono altrettante coltellate per il partitone tricolore, che aveva ideato il sistema di gestione intelligente dei due scali aerei. E che ora invece si trova davanti alla possibilità di una fine anticipata della legislatura regionale di Enrico Rossi.

Le previsioni politiche indicano burrasca, la Cgil Toscana segnala che i disoccupati sono sempre di più e quelli che lavorano sono sempre più precari, e nel Pd si fa strada la paura. Perché sono 204 (su 280) i comuni chiamati al voto, il 73% di quelli toscani, e tra questi Firenze, Prato e Livorno, le tre città più popolose della regione, poi Piombino e l’intero Mugello. Anche il traino delle europee rischia di non bastare. A Livorno, dove il democrat Marco Ruggeri ha di fronte non soltanto i 5 Stelle ma anche Andrea Raspanti, giovane ingegnere di una coalizione di sinistra coesa e soprattutto alternativa (Buongiorno Livorno, Rifondazione & Pdci, Alba e buona parte della base di Sel), i sondaggi in mano al Pd danno la coalizione pro Ruggeri sotto il 40%. E a Piombino, dove il dem Massimo Giuliani se la deve vedere con l’operaio siderurgico Daniele Pasquinelli del 5 Stelle e il ben conosciuto avvocato Fabrizio Callaioli di Rifondazione, anche gli scogli hanno capito che la Lucchini chiude per decisione del governo. Non per caso, sulla costa il premier non si fa vedere. Meglio andare a Prato, dove Matteo Biffoni ha l’intero centrosinistra contro il sindaco uscente Roberto Cenni. E a Firenze, dove il delfino Nardella gli ha apparecchiato addirittura Piazza della Signoria. Con una delibera su misura e contra legem. Cosa che fa davvero tanto, ma tanto Renzi.