Unione europea ha fatto molto per i diritti di gay, lesbiche e transessuali, ma potrebbe fare ancora di più. Ne è convinta Ilga-Europe, la rete di associazioni «arcobaleno» di tutto il Vecchio continente, che in vista delle elezioni del 25 maggio ha promosso la campagna Come out. Obiettivo: chiedere ai candidati di ogni schieramento e di tutti i 28 Paesi membri della Ue di esprimersi su una precisa piattaforma di rivendicazioni.

Tra i dieci punti che la compongono: l’adozione di una road map per il riconoscimento di uguali diritti, il completamento della legislazione contro le discriminazioni e un impegno normativo contro la violenza omotransfobica e a tutela delle vittime, la promozione di una definizione inclusiva di famiglia (che comprenda cioè anche i nuclei monogenitoriali e omogenitoriali), e la tutela dei diritti delle persone trans, anche attraverso la revisione dei requisiti per il riconoscimento giuridico di genere. Un tema, quest’ultimo, che interessa in particolare l’Italia, dove quel riconoscimento è vincolato al completamento di un iter chirurgico. La piattaforma contiene anche azioni contro il bullismo scolastico, contro la discriminazione e le disuguaglianze nelle politiche per la salute, e garanzie sulla piena attuazione della legislazione Ue in materia di richiedenti asilo gay, lesbiche, transessuali e intersex.

In Italia la piattaforma Come out è alla base della campagna «A far l’Europa comincia tu», ideata da Arcigay e Anddos(Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale), che si pone lo stesso scopo dell’iniziativa continentale: fare uscire allo scoperto gli aspiranti eurodeputati chiedendo la loro opinione sulle rivendicazioni del movimento omosessuale. I risultati sono a disposizione di tutti sul sito www.cominciatu.eu, che offre una vera e propria guida ragionata ai candidati gayfriendly e a quelli in odore di omofobia. La lista che è risultata più sensibile è L’Altra Europa con Tsipras (dato aggiornato a ieri: 44 adesioni), seguita dal Movimento 5Stelle (34 firme). Terzo, il Partito democratico (29), che annovera nelle proprie file un noto esponente del movimento gay come il combattivo piemontese Daniele Viotti (area Civati), ma anche altrettanto note onorevoli assai poco sensibili a questo genere di rivendicazioni, come le cattoliche Silvia Costa e Patrizia Toia.

Su questa ambiguità pone l’accento Camilla Seibezzi, candidata per la Lista Tsipras nella circoscrizione Nordest: «A furia di moderare le proprie posizioni, il Pd ha perso l’anima: non si capisce mai che intenzioni abbia sul tema dei diritti, a partire dal matrimonio egualitario. Anche il Movimento di Grillo – ragiona Seibezzi – soffre dello stesso problema, perché contiene al proprio interno gruppi che la pensano in modo molto diverso: non ha una linea, e questo lo differenzia dalla nostra lista, che ha invece un programma univoco a favore dei diritti della comunità glbti, dentro un perimetro di valori molto chiaro».

Nel ruolo di delegata del sindaco di Venezia a diritti civili e politiche contro le discriminazioni, Seibezzi è diventata la nemica numero uno degli omofobi italiani per la sue proposte di inserire la dicitura genitore (al posto di madre e padre) nei moduli per l’iscrizione agli asili nido, e di aprire alle coppie omosessuali l’assegnazione delle case popolari. Al di là delle polemiche, lei va fiera delle buone pratiche che nel suo comune è riuscita a mettere in atto: «I municipi generalmente sono più vicini all’Europa di quanto non sia il governo nazionale».

Se verrà eletta a Strasburgo, la consigliera veneziana promette che si batterà per far affermare «il principio dei diritti unici: non si contrappongono quelli sociali a quelli civili, come fanno i conservatori. Attribuire nuovi diritti non significa toglierli a quelli di qualcun altro: le nuove forme familiari – argomenta – non sono in contrapposizione a quelle tradizionali, come invece vogliono fare credere i gruppi di destra».

Per Seibezzi il matrimonio egualitario (compresa l’adozione) va introdotto in tutta Europa. E vanno sanate con urgenza vere e proprie ferite ai diritti, ma anche al buonsenso: «All’interno della Ue ci sono famiglie che in uno stato esistono, ma appena valicano una frontiera non esistono più. L’Italia – afferma la candidata della Lista Tsipras – si riempie la bocca con i diritti dell’infanzia, ma non riconoscendo le famiglie omogenitoriali lascia milioni di bambini senza alcuna tutela legale. Ci rendiamo conto che ci sono minori che in uno stato hanno due genitori e se attraversano un confine ne hanno uno solo?».