«È possibile che un’esperienza come questa finisca solo per tutelare una proprietà privata?», chiede l’architetta e urbanista Rossella Marchini. Alle sue spalle ci sono le due saracinesche abbassate e murate dall’interno del Nuovo Cinema Palazzo, sgomberato il 25 novembre scorso dopo quasi dieci anni di autogestione. Superare la proprietà privata è lo scoglio principale per restituire al quartiere San Lorenzo e alla città di Roma uno spazio diventato negli anni un polo culturale riconosciuto e un luogo di incontro tra realtà sociali, politiche, sportive, associazionistiche. «Le trattative aperte sono due», dicono gli attivisti durante la conferenza stampa-dibattito tenuta ieri. Intervengono anche l’ex assessore Paolo Berdini, lo studioso Alessandro Portelli e l’ideatore del Museo dell’altro e dell’altrove di Metropoliz (un grande spazio occupato) Giorgio De Finis.

Una trattativa è con l’amministrazione comunale 5 Stelle ed è iniziata solo dopo lo sgombero. In seguito a un tavolo tecnico che ha coinvolto gli ex occupanti, il vicesindaco Luca Bergamo e gli assessorati Urbanistica, Patrimonio e Politiche abitative, venerdì la Giunta capitolina ha approvato una memoria per salvaguardare la vocazione culturale dello spazio. «Roma Capitale avvierà tutte le attività propedeutiche a valutare l’acquisizione del Cinema Palazzo al patrimonio capitolino dei beni indisponibili», si legge sul sito del comune. L’atto è un impegno soprattutto politico, un primo passo necessario ma ancora insufficiente che fa seguito anche alle analoghe richieste avanzate dal II municipio con il voto dell’ordine del giorno dell’11 dicembre.

L’altro piano di trattativa è con la Regione Lazio, governata dal centro-sinistra. La consigliera Marta Bonafoni è impegnata a cercare una soluzione con i proprietari, la famiglia Paoletti, già da gennaio, ma dopo lo sgombero è cresciuto l’impegno di tutta la giunta. La proposta in questo caso è una permuta: uno scambio di immobili. Questa procedura è più lunga e complessa, ma dalla sua la Regione ha l’interesse ad agire nel quadro della legge sui beni comuni urbani votata a giugno 2019, che permette di riconoscere in maniera più agevole le esperienze di autogestione.

Gli attivisti, infatti, chiedono sì di mantenere la funzione sociale e culturale dello stabile, ma anche di assegnarlo alle comunità che lo hanno restituito a nuova vita, affinché continui a essere un luogo al servizio di quartiere e città. I risultati di quanto seminato negli anni di occupazione si sono visti nelle settimane successive allo sgombero: dal giorno dell’intervento della polizia piazza dei Sanniti è diventata un teatro a cielo aperto in cui iniziative spontanee o ben organizzate si passano la staffetta di giorno e di sera, fino allo scoccare del coprifuoco. Mentre il quartiere circostante è già chiuso capita di imbattersi in sportivi in tuta, bande musicali o ciclisti che riempiono la piazza e lentamente fanno salire un coro: «Giù le mani dal Cinema Palazzo».