Grazie alle proteste che da tempo scuotono il mondo del lavoro e alla rinnovata volontà del governo cinese ad una redistribuzione che consenta lo sviluppo del mercato interno, dal primo aprile a Pechino, Shanghai e Tianjin (città vicino alla capitale) sono stati aumentati i salari minimi e le paghe orarie.

Lo stipendio minimo a Shanghai è stato elevato a 1.820 yuan (circa 200 euro), mentre la paga minima oraria è stata innalzata a 17 yuan (circa 2 euro). Negli ultimi cinque anni le tariffe minime in Cina sono raddoppiate, come sintomo di un tentativo di consentire ai lavoratori di consumare maggiormente sul mercato interno. In particolare gli aumenti di Pechino e Tianjin sono i più consistenti: attestandosi rispettivamente a 1.560 e 1.680 yuan al mese.

Altre sette regioni hanno aumentato il salario minimo quest’anno, a partire da Chongqing, che ha aumentato il tasso a 1.250 yuan al mese dal 1°gennaio 2014. Tuttavia, secondo il Clb, «il salario minimo è ancora molto inferiore al salario medio, mentre l’andamento del costo della vita in molte città hanno eroso la maggior parte dei guadagni realizzati da incrementi del salario minimo».

Inoltre continua ad esistere il problema riguardo gli straordinari, che spesso non vengono pagati, e che costituiscono uno dei principali motivi delle proteste dei lavoratori in Cina.