Ieri la Camera dei Deputati ha votato un atto vendicativo contro centinaia di occupazioni abitative in tutto il paese. Trecentoventiquattro deputati del Pd, Ncd e Scelta Civica contro i 110 di M5s, Lega Nord, Sel e Forza Italia hanno concesso la decima fiducia al «Piano Lupi» del governo Renzi sull’emergenza abitativa che all’articolo 5 prevede di tagliare luce, acqua e gas a chi occupa un immobile.

Il provvedimento che incasserà il voto finale oggi a Montecitorio (alle 12,30 le dichiarazioni di voto) lancia una guerra contro almeno 10 mila poveri urbani, italiani e immigrati che solo a Roma vivono in alberghi, scuole, uffici abbandonati, residence o sedi di aziende pubbliche abbandonate. A queste persone verrà anche vietata la residenza e verrà inflitta una disposizione con la quale si stabilisce la nullità degli effetti degli atti emessi in violazione della nuova normativa. «Una decisione presa da un governo incivile in un paese incivile», così l’ha definito il portavoce del Coordinamento cittadino di lotta per la casa.

I movimenti per il diritto all’abitare si sono nuovamente radunati ieri in un presidio a Piazza Montecitorio. Verso le cinque e mezzo la piazza ha cominciato a scaldarsi. Dopo la prima chiama in aula, la piazza circondata da un ingente schieramento di agenti di polizia e carabinieri, è in fibrillazione: «Renzi vattene», «Vergogna, vergogna», «Le case ci stanno perché non ce le danno?». Alla notizia della fiducia, poco prima delle otto, sale la disillusione, poi scoppia la rabbia: «Ma come? – urla disperata una donna – Noi sempre qua a manifestare, a chiedere incontri e risposte, e poi invece di una casa ci danno l’articolo 5? Niente residenze e gas, luce e acqua? E dove andiamo a vivere, come viviamo? I nostri figli senza residenza dove li mandiamo a scuola?». Una pioggia di uova parte diretta verso la facciata del Palazzo. La polizia, nervosa, impugna scudi e manganelli.

Ma il presidio si trasforma, fulmineo, in un corteo. In centinaia si dirigono verso piazza Venezia. Bloccano il traffico. A passo veloce arrivano al Colosseo dove c’è un blitz. Mentre sui Fori Imperiali inizia un’assemblea sul piano Lupi, qualcuno si arrampica sulle impalcature del Colosseo, esponendo lo striscione giallo che ha aperto tutti i cortei degli ultimi giorni: «Liberiamo Roma dai divieti, dalla rendità e dalla precarietà». Paolo Di Vetta dei Blocchi precari metropolitani) annuncia la resistenza al decreto: «Faremo rimangiare ad Alfano il piano sicurezza. Occuperemo l’Anagrafe, l’Acea, i Municipi, non faremo un passo indietro. Dovranno passare sui nostri corpi quando toglieranno acqua, luce, gas a tante famiglie di Roma. Hanno appena votato un testo che uccide il diritto alla casa nel nostro paese, così come il governo Renzi ha già fatto con il Decreto Poletti sul lavoro».

Il piano Casa contiene il via libera alla cedolare secca al 10% per gli affitti nei comuni colpiti da calamità naturali, interventi di edilizia sociale ad hoc per gli over 65, una clausola di riscatto nel contratto di affitto per gli alloggi sociali. Vengono prorogati i benefici per gli inquilini con un contratto di affitto in nero e vengono stanziati 325 milioni di euro in più per il Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli.

Come d’abitudine, anche in questo provvedimento sono confluite norme tra le più diverse. C’è un bonus per mobili ed elettrodomestici che estenderà lo sgravio entro un tetto di 10 mila euro. Ci sono inoltre 25 milioni per il comune di Milano per l’Expo 2015 presi con un taglio ai fondi per la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione. Una decisione che provocherà polemiche. La guerra ai poveri del governo Renzi è tuttavia uno degli aspetti dei problemi che la casa sta producendo.

Sul fronte della Tasi
L’altro fronte è quello della Tasi. Dopo il caos, ora è il turno della beffa. In uno studio della Uil, infatti,si apprende che in 12 su 32 capoluoghi la Tasi presenterà un conto salato. A Roma, e poi a Genova, Milano, Torino verrà superata quota 400 e sarà più cara dell’Imu. Un aggravio che con l’aumento della Tari e delle addizionali comunali rischia di neutralizzare il bonus Irpef da 80 euro. Per i pensionati, i disoccupati e i precari la situazione peggiorerà ancora, aumentando il carico fiscale.

Nei Comuni che non avranno deliberato entro il 23 maggio le aliquote, la scadenza per il pagamento della prima rata della Tasi è stata prorogata da giugno a settembre dal governo. Per tutti gli altri Comuni – si è letto in una nota diffusa nella serata dal Ministero dell’Economia – la scadenza per il pagamento della prima rata della Tasi resta il 16 giugno.

Una soluzione che il sindaco di Torino, e presidente dell’Anci, Piero Fassino ha trovato soddisfacente: «Garantisce certezza sia per i Comuni sia per i contribuenti».