Nessuna rivendicazione specifica, un groviglio di sigle spesso sconosciute e un fantasma che si ripresenta dopo due anni, quello dei forconi siciliani. Dietro il blocco degli autotrasportatori che inizierà questa notte c’è la rabbia diffusa della crisi, con una buona dose di populismo. Cresciuto in questo due mesi grazie ai social network e ad una serie di incontri in tutta Italia, il movimento che si pone come antagonista alle rappresentanze sindacali tradizionali è arrivato all’appuntamento chiave: da lunedì 9 dicembre si capirà quanto pesa e fino a che punto vuole andare. Quattro le sigle che – secondo il Ministero dei trasporti – firmano il blocco dei camion: Movimento autonomo autotrasportatori, Aitras, I forconi, Life e Cra. Cinque i giorni di fermo dei camion previsti, pari ad una settimana lavorativa. Un tempo sufficiente a bloccare i rifornimenti dei negozi e dei benzinai, con prevedibili problemi di scorte che potrebbero allungarsi fino ai giorni precedenti il Natale. Oppure un flop, destinato a spegnersi nel giro di qualche ora.

L’aria che tira indica in ogni caso un fermento decisamente esteso. Le assemblee organizzate nei mesi passati – documentate da foto di gruppo inserite nelle centinaia di profili facebook dei diversi coordinamenti – pur non essendo oceaniche mostravano i volti di tantissimi trasportatori. Padroncini, autisti di cooperative, dipendenti costretti a turni massacranti per fronteggiare la concorrenza arrivata dai Balcani, tutti alle prese con una crisi senza fine. Sono gli stessi che due anni fa bloccarono per giorni l’Italia, fermando i camion vicino a caselli autostradali, aspettando risposte mai arrivate.

I vertici del movimento stanno cercando in queste ore di tenere lontane alcune sigle politiche pronte ad entrare nella protesta. Come Forza Nuova, ad esempio, che attraverso la sigla «Lega della Terra» sta cercando di partecipare attivamente all’organizzazione della protesta. «Non vogliamo i partiti, niente destra e niente sinistra», scrivono in queste ore i militanti più antichi, terrorizzati da un eventuale calo del consenso. D’altra parte gli slogan, i discorsi e i manifesti del movimento «9 dicembre» attirano i vecchi nostalgici: «Blocco ad oltranza delle attività produttive e dei trasporti in tutta Italia fino a quando non si dimette l’intero Parlamento ed anche il Presidente della Repubblica», spiega Danilo Calvani del Cra (Comitati riuniti agricoli). Chiedendo poi una sorta di governo provvisorio: «Vi sarà un periodo transitorio in cui lo stato sarà guidato da una commissione retta dalle forze dell’ordine trascorso il quale si procederà a nuove votazioni». Un tipo, Calvani, che prima di ogni discorso ama farsi il segno della croce e che nel gennaio del 2012 aveva fondato la sigla «Dignità sociale» insieme all’ex generale dei carabinieri Antonio Pappalardo. All’epoca i due mandarono una lettera a Napolitano, rivendicando una sorta di santa alleanza tra «contadini e carabinieri». E anche all’epoca l’idea era quella di salvare la patria.

Uno dei punti focali del blocco sarà probabilmente il Lazio, dove il Cra di Danilo Calvani è da anni presente, con una lunga battaglia contro Equitalia. Sui social network di indicano le città di Aprilia e Latina come punti di aggregazione dove, da questa sera, inizieranno a concentrarsi gli automezzi che parteciperanno al blocco. Due anni fa il quartier generale era tra Latina e Sabaudia, con quasi un centinaio di trattori pronti a marciare su Roma. L’obiettivo – poi sfumato – era di arrivare nella capitale occupando il Circo Massimo, prima di consegnare un documento al presidente della Repubblica. Particolarmente attivo anche il movimento dei forconi, che promette di bloccare il paese, «dalla Sicilia a Pordenone».

La partecipazione delle principali associazioni dei trasportatori è stata revocata nei giorni scorsi, dopo un incontro al ministero. L’iniziativa è rimasta così in mano a quelle frange più dure, come il movimento dei forconi siciliani, il Cra e i Cobas del latte, oltre al Life indipendentista. Sigle che ora, nei loro proclami, parlano di insurrezione.