Un corteo chiassoso e partecipato ha attraversato ieri Bologna dalla parte dei lavoratori della logistica in lotta per diritti e dignità contro Granarolo, Legacoop e i poteri costituiti di Bologna la «rossa». «È finito il tempo della paura, è finito il tempo dei ricatti» hanno scandito le 1.500 persone in corteo. «Se toccano uno, toccano tutti» recitava uno striscione calato dalle scalinate del giardino della Montagnola. Ad aprire la manifestazione un lenzuolo con una scritta in italiano e in arabo: «Per la dignità sciopero fino alla vittoria», firmato dal «Presidio permanente Granarolo».

I manifestanti sono arrivati da mezza Italia: lavoratori della logistica e non, insieme a militanti di centri sociali, reti di movimento e cittadini che si sono uniti ai facchini in lotta da dieci mesi insieme agli studenti, ai centri sociali e ai collettivi bolognesi (Hobo, il Laboratorio Crash, il Cua e il Cas). Tangibile la consapevolezza di una posta in palio che non riguarda solo il settore della logistica, ma le condizioni di vita e di lavoro di larghe fasce della popolazione colpite dalla crisi.

Nelle ultime settimane Bologna si è spaccata sulla linea di classe. Nei giorni scorsi, a difesa di Granarolo, l’azienda al centro della vertenza che ha raggiunto nel 2013 un miliardo di euro di fatturato subappaltando la gestione dei magazzini a cooperative che abbattono il costo del lavoro, si è schierata buona parte della politica cittadina, a cominciare dal sindaco Virginio Merola (Pd) e dagli assessori. Ad avere rafforzato la già dura contrapposizione sono state le violenze contro un picchetto pacifico e l’arresto di due delegati sindacali del Si Cobas al presidio di giovedì 23 gennaio ai cancelli della Granarolo. Sono stati scarcerati domenica scorsa, ma le polemiche non sono finite con la Legacoop, l’organo di rappresentanza delle cooperative rosse in Emilia, la Cgil e alcuni parlamentari, di destra e sinistra che in un’interpellanza parlamentare hanno chiesto il «ripristino della legalità».

La Granarolo lamenta «i danni subiti per i blocchi» e ha annunciato di stare «predisponendo l’azione legale per la richiesta di risarcimento». A Bologna si teme che la resistenza dei facchini possa generalizzare le iniziative di lotta. I manifestanti, invece, hanno denunciato chi vuole sfruttare senza intromissioni il lavoro dei migranti e dei precari. «Il loro obiettivo – sostengono i lavoratori – è rompere l’unità che le nostre lotte hanno creato». Con la manifestazione hanno voluto respingere il tentativo di criminalizzare una resistenza che continua da mesi.

Un altro elemento ha caratterizzato il corteo di ieri, il richiamo alla dignità dei lavoratori. Il concetto è tornato anche negli appelli sottoscritti a favore dei facchini da parte di scrittori molto conosciuti, da Valerio Evangelisti a Wu Ming, che si sono schierati al loro fianco. Sono intervenuti anche i lavoratori dei nidi e delle scuole materne bolognesi che hanno annunciato un boicottaggio dei prodotti Granarolo: «Non vogliamo che i nostri bambini siano complici delle sfruttamento», hanno scritto in una nota. Gli studenti medi e universitari si sono mobilitati in una partecipatissima assemblea in un luogo simbolo delle lotte studentesche, in via Zamboni, 38. I dipendenti comunali hanno regalato 300 euro di buoni pasto ai facchini, un modo concreto con cui sostenere la lotta. Giampiero Calzolari, presidente di Granarolo e di Legacoop, prosegue diritto per la sua strada. «Noi siamo per la pax sociale – ha spiegato a «Il Sole 24 ore» – ma come azienda non mi assumo impegni verso costoro. Il prefetto, peraltro, non ha che potere di moral suasion». Calzolari non sembra disposto a una mediazione con i facchini in lotta, nonostante il prefetto Sodano abbia incontrato qualche giorno fa i lavoratori e il sindacato Si Cobas per trovare una soluzione al problema. Lavoratori e sindacati chiedono di rendere esecutivo l’accordo sottoscritto a luglio 2013 anche da Legacoop, Granarolo e Cgil, che prevedeva il graduale reintegro dei lavoratori licenziati per un giorno di sciopero, e solo in minima parte rispettato.

«Usano un cannone per sparare contro le farfalle – sostiene il segretario nazionale del Si Cobas Aldo Milano – vogliono farne una questione di ordine pubblico ma quando la piazza risponde come oggi non hanno speranze». Gli organizzatori sostengono che il corteo di ieri abbia aperto un percorso. Il presidio davanti ai cancelli di Granarolo. Non vengono esclusi altri blocchi delle merci se la situazione non troverà lo sbocco richiesto.