Per la prima volta alla 60. Esposizione internazionale d’arte di Venezia, il padiglione della Danimarca presenta una personale di un artista groenlandese, nonché la prima mostra dedicata al linguaggio fotografico. Nato, cresciuto e attualmente residente a Sisimiut, Inuuteq Storch (1989) è profondamente legato alle sue radici e il suo sogno è fondare un museo della fotografia groenlandese. Rise of the Sunken Sun, a cura di Louise Wolthers (il commissario è la Danish Arts Foundation), nel padiglione ai Giardini – in linea con Stranieri Ovunque, tema curatoriale di Adriano Pedrosa – si pone come obiettivo l’esplorazione del significato di un processo decoloniale che possa restituire visibilità a identità culturali, personali e nazionali.

«La Groenlandia e i suoi abitanti sono stati ampiamente fotografati sin dalla metà dell’Ottocento – afferma Inuuteq Storch riferendosi anche a Inuk John Møller (1867-1935), primo fotografo groenlandese professionista – Tuttavia, la maggior parte di queste immagini sono state catturate da persone che visitavano la Groenlandia e spesso sono servite come forma di documentazione o registrazione del paese, della sua gente e della sua cultura. Di conseguenza, in tutto il mondo si è sviluppata un’idea specifica e limitata della Groenlandia, influenzata dallo sguardo non autoctono riflesso in queste fotografie. La mostra veneziana è il mio mezzo artistico per modificare, in modo sottile e complesso, la percezione predominante sul mio paese».

In Rise of the Sunken Sun sono giustapposti lavori fotografici nel formato site-specific che ricontestualizzano sia le fotografie storiche dell’autore che quelle recenti, anche attraverso paesaggi sonori e la presenza di elementi scultorei simbolici.
In particolare, sono esposte sei diverse serie fotografiche tematiche, tra cui Sunsets of Forgotten Moments, dall’archivio amatoriale della famiglia di Storch che abbraccia oltre sessant’anni, dagli anni ‘40 agli anni Duemila. Immagini intime, spontanee in dialogo con le foto storiche di John Møller, per tornare alla nostra contemporaneità in un flusso narrativo continuo con le serie realizzate dall’artista, tra cui At Home We Belong (2018), Keepers of the Ocean (2019) e il progetto più recente Soon Will Summer be Over con foto scattate nell’estate 2023 a Qaanaaq (Groenlandia del nord), uno degli ultimi luoghi del paese ad essere colonizzato.

Inuuteq Storch, foto Arny Koor Mogensen Bolt lamar

Lei è nato e cresciuto a Sisimiut, la seconda città della Groenlandia dopo la capitale Nuuk. In che modo questo paesaggio così caratterizzato (Sisimiut si trova appena sopra il Circolo Polare Artico e, in generale la Groenlandia è coperta per l’84% da ghiacciai) ha influenzato il suo modo di guardare?
Ho un grande rispetto per la natura e le sono molto grato per il cibo che ci fornisce; il suo affetto non ha eguali. Nello stesso modo in cui ci offre il nostro sostentamento, ci dà energia, con la stessa presenza nelle nostre esistenze, ma anche regalandoci panorami e colori sorprendenti. La natura è maestra di vita per eccellenza. Occasionalmente, presenta poi sfide e lezioni preziose. La vita scaturisce dalla natura e la natura ci istruisce nell’arte di vivere.

Cosa l’ha portata, in particolare, a scegliere la fotografia come linguaggio artistico, diplomandosi nel 2011 alla Fotoskolen Fatamorgana di Copenaghen e nel 2016 all’International Center of Photography di New York?
Dipende dalle coincidenze casuali che si sono verificate durante i miei primi anni di vita; l’interesse per la fotografia ha continuato a crescere. Infine, la comprensione di quanto sia importante la fotografia quando la rendi importante.

Il suo primo fotolibro è «Porcelain Souls» (2018): qual è stato il ruolo dell’album di famiglia?
L’intero volume proviene dagli album fotografici e dalle raccolte dei miei genitori. Diciamo che il mio album di famiglia è il «personaggio» principale del libro stesso.
Come si relaziona la sua memoria personale con quella collettiva, la sua fotografia e quella trovata, d’archivio e vernacolare, pensando anche al lavoro del fotografo Inuk John Møller a cui ha dedicato un altro dei suoi cinque libri, «Mirrored, Portraits of Good Hope» (2021)?
Ho trovato e guardato molto materiale appartenente al passato che si è rilevato piuttosto interessante. Un materiale che mi ha aperto gli occhi. Il passato modella innegabilmente il futuro, quando gli viene concessa questa opportunità.