Incorporata nel pacchetto di finanziamenti militari varato dal Congresso Usa – approvata ieri dal Senato e subito dopo firmata dal presidente Biden – c’è la norma per l’esproprio di TikTok che prevede per la cinese ByteDance l’obbligo di vendere il canale video ad un buyer americano che il governo reputi «accettabile». In caso contrario scatterebbe l’oscuramento della piattaforma in Usa . La quarta piattaforma social più popolare del mondo (o quinta a seconda se si conteggia o meno WhatsApp) è di proprietà cinese e per questo da tempo oggetto di denunce e sospetti in ambienti politici americani.

Quattro anni fa ci aveva provato Donald Trump a bannare il social con cui ByteDance ha sbancato (170 milioni di utenti in Usa). L’ex presidente aveva disposto la cessione di TikTok entro 45 giorni ad un consorzio composto da Walmart e Oracle. Quell’ordine venne bloccato da un giudice federale di Washington (la stessa sorte era toccata ad una simile iniziativa del solo stato del Montana nel 2023).

Questa volta la requisizione della piattaforma è stata accorpata ai decreti di sicurezza nazionale che finanziano le guerre in Ucraina e Gaza e la difesa di Taiwan, legata dunque alle iniziative con cui, come dicono i fautori, l’America è tornata a ricoprire il suo storico ruolo di garante mondiale della democrazia. Il “commissariamento” stavolta ha notevoli probabilità di successo.

La battaglia per il controllo strategico di internet è stata infatti ammantata di emergenza nazionale e difesa dell’Occidente, temi di sovranità in forte rialzo a Washington. Alla Camera il disegno è passato a larghissima maggioranza Questa volta la cessione forzata dovrebbe avvenire entro un anno, tempo abbastanza, forse, per superare i ricorsi legali anche stavolta già preannunciati.

Intanto il terreno politico è stato preparato da un crescente coro di politici che gridano al pericolo dell’occhio nemico comunista che si annida nel portale, pronto a carpire i dati riservati degli inermi consumatori americani, col potere di influire su società, politica ed elezioni.

Assente dalla narrazione che riprende i toni da neo guerra fredda che caratterizzano sia l’escalation con la Russia che il “pivot” sul quadrante asiatico, alcuni dettagli importanti. Intanto i dati sarebbero comunque disponibili per l’acquisto sul mercato libero. In secondo luogo, l’accesso agli stessi dati è di fatto consentito ormai da tempo ed in forma illimitata, a tutti i conglomerati del capitalismo della sorveglianza. Ci sarebbe da discutere se conviene essere nel mirino di Elon Musk, piuttosto che del Pcc.

L’infrastruttura e le piattaforme Usa detengono il sostanziale monopolio sulla rete globale. Le amministrazioni di ogni stirpe si sono finora tutte mostrate oltremodo benevole verso gli oligopoli di Silicon Valley in questo senso, lasciando loro carta bianca su privacy e mercato dei dati. Il predominio monopolistico su internet delle società americane è un ovvio vantaggio industriale per Washington e la partnership strategica è divenuta semmai più stretta con la corsa agli armamenti Ia, che sta in pratica trasformando le aziende di Silicon Valley nel nuovo complesso militar- tech-industriale.  Il takeover di TikTok, unica piattaforma non americana, contribuirebbe al mantenimento dell’attuale egemonia tecnologica, rimuovendo d’ufficio una concorrenza scomoda.

Il palese assist governativo alle aziende americane ha i suoi detrattori.  «Ho seri dubbi sull’opportunità di applicare selettivamente ad una sola piattaforma una norma motivata con la sicurezza dei dati personali, mentre ad ogni altra è concesso continuare ad operare esattamente alla stessa maniera», ha affermato la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren.

Kate Rewan, del Center for Democracy and Technology, ha notato la fulminea rapidità con cui la manovra ha scavalcato il normale iter in commissione per essere approvata dal parlamento praticamente senza dibattimento. E mette in guardia: la norma va a toccare fondamentali temi di libertà di espressione tutelati dal primo emendamento, mettendo gli Stati uniti in compagnia di governi autoritari che nel mondo usano simili mani pesanti con canali sgraditi. E TikTok, segnala sempre Rewan, rimarrebbe un caso isolato, mentre sulle normative da tempo necessarie – come l’American Data Privacy Protection Act  – per tutelare gli utenti e limitare la monetizzazione selvaggia dei dati personali, non si registra alcuna simile urgenza.

Rimangono comunque ancora alcuni problemi irrisolti. Intanto la questione dei 170milioni di utenti quotidiani fra cui innumerevoli micro imprenditori e piccole aziende, compresa una galassia di influencer che sulla piattaforma hanno costruito un ecosistema di imprese personale. Si tratta dei «ragazzi che usciranno pazzi», come afferma Trump, ora passato a ad essere strenuamente contrario all’operazione che aveva proposto lui stesso, un po’ perché il ridimensionamento di TikTok favorirebbe l’arcinemico Zuckerberg e (molto), si intuisce, per intralciare Biden.

In secondo luogo, la stessa ByteDance che, se pure fosse obbligata a vendere, ha già comunicato che la transazione non comprenderà l’algoritmo brevettato, considerato il migliore al mondo, che è alla radice del successo della videopiattaforma. Dietro le quinte si starebbe già lavorando a possibili cordate di acquirenti, fra cui una guidata da Steven Mnuchin, ex ministro del tesoro di Trump. Senza quel cervello, però, la app sarebbe poco più di una lista di utenti e non è chiaro chi la acquisterebbe a queste condizioni.