Ai media occidentali piace riferire dell’Arabia saudita solo a proposito dell’aumento o del calo, come in questo periodo, del prezzo del greggio. Poco e male si parla del ruolo che tanti cittadini di questo Paese ultraconservatore – alleato di ferro degli Stati Uniti e delle politiche dell’Occidente in Medio Oriente – svolgono nella crescita dell’estremismo religioso, con generosi finanziamenti ad istituzioni e organizzazioni legate al wahabismo e al salafismo radicale. Washington lo sa ma tace si tengono strette le “storiche” relazioni con la famiglia Saud. E poco si dice anche delle sistematiche violazioni dei diritti umani e politici in Arabia saudita dove, peraltro, il 2015 è cominciato con sei esecuzioni capitali: il 2014 si era chiuso con 87 condanne a morte eseguite.

Ieri un blogger, Raif Badawi, in carcere dal 2012, è stato frustato sulla pubblica piazza a Gedda, davanti alla moschea al Jafali, perchè riconosciuto colpevole di “insulti all’Islam”. A denunciarlo è Amnesty International, sottolineando che la sentenza è stata eseguita nonostante gli appelli internazionali per annullarla. Badawi, condannato a 10 anni di carcere e a una multa di un milione di Riyal (circa 225.500 euro), dovrà subire in totale 1000 frustate nelle prossime 20 settimane, dopo la preghiera del venerdì. Il blogger in realtà viene punito non per aver offeso l’Islam piuttosto per aver preso di mira nei suoi articoli alcune figure religiose di primo piano. Frustate e altre forme di punizione corporale sono vietate dal diritto internazionale. Ma a quanto pare la libertà di espressione è un diritto che l’Occidente difende solo a casa sua mentre tace se viene violata da regimi autoritari e brutali che fanno i suoi interessi economici e strategici, come l’Arabia saudita. (michele giorgio). Ben diverso è l’atteggiamento nei confronti di Siria e Iran, regimi “non amici”. (michele giorgio)