«A volte ci chiedono: ancora il corteo? Ma la verità è che qui da noi è uno dei pochi momenti di mobilitazione studentesca che funziona. Alla comunità serve». A parlare è Martina Comparelli, attivista di Fridays For Future Milano e già portavoce nazionale del movimento. Il 19 aprile torna lo sciopero globale per il clima. In Italia come in tutto il mondo si preparano nuovamente le piazze ecologiste, e lo fanno in un contesto ben diverso da quello del 2019, quando tutto è iniziato.

Le mobilitazioni coinvolgono meno persone, i movimenti per il clima sono meno amati dai media e più repressi dalle autorità. Al contempo, è cresciuta la complessità dell’elaborazione politica e si è fatto rete con altri pezzi di società: il sindacato, i movimenti transfemministi, il mondo decoloniale.

In molte città italiane la parola chiave sarà convergenza. Quella col mondo del lavoro, e soprattutto – così è stato negli ultimi anni – con i metalmeccanici dell’automotive. A Firenze sfileranno con gli studenti i lavoratori dell’ex Gkn, la fabbrica di semiassi per automobili da due anni occupata. La loro crisi aziendale è diventata il simbolo della possibilità di usare la transizione come strumento a difesa del lavoro, contro deindustrializzazione e delocalizzazioni. A Bologna già dallo scorso sciopero globale partecipano i dipendenti della Marelli di Crevalcore, un altro dei pezzi di filiera dell’auto italiana in crisi.

A Torino il gruppo locale di Fff è impegnato da tempo nelle vertenze relative a Stellantis. «Alcune settimane fa c’è stata in città la marcia per il clima e il lavoro fuori dai cancelli di Mirafiori» spiega Andrea Paolucci di Fridays For Future Torino. «È stato un momento importante. In questi mesi abbiamo fatto iniziative congiunte con Cgil, abbiamo protestato assieme ai lavoratori di Lear e di Mondo Convenienza – oltre che ovviamente agli operai ex-Fiat. Per aprile stiamo provando a creare convergenza tra la nostra mobilitazione e quella dei sindacati metalmeccanici».

Uno sciopero per il clima e per il lavoro, dunque. Ma in cui inevitabilmente tiene banco la carneficina di Gaza. In tutto il mondo Fridays For Future si è schierato a favore della causa palestinese, e la fondatrice Greta Thunberg ha portato nelle piazze lo slogan «no climate justice on occupied land», non c’è giustizia climatica in una terra occupata. «L’occupazione israeliana è anche appropriazione di terra e di acqua – bene reso sempre più scarso dalla crisi climatica. L’eradicazione degli ulivi è da tempo una delle forme di guerra usate da Tel Aviv. E poi c’è la questione dei rapporti tra Eni e Israele, ancora non abbastanza denunciati mentre prosegue il genocidio» continua Comparelli.

La promessa, insomma, è quella di non abbandonare lo sciopero globale per il clima. Anche innovandolo, specie nei piccoli e medi centri. «A Pavia faremo una settimana di mobilitazioni – dalla biciclettata al confronto tra i candidati sindaco. Lavoriamo da tempo alle nostre proposta su cementificazione e mobilità sostenibile, e alle vicine amministrative ci faremo sentire» spiega Pietro Losio.

«A Cagliari il tema è la siccità: in Sardegna siamo già a livelli critici, ed è solo primavera» dice invece Luca Pirisi. Lotte globali e lotte locali che si intersecano, per un movimento che – nonostante gli anni e il restringimento della partecipazione – può ancora contare su una capillarità importante, specie nel centro-nord.

«Facciamo appello a ogni realtà sociale, sindacale, transfemminista, radicale» conclude ancora Comparelli «li invitiamo a unirsi, articolare, convergere assieme a noi».