Il business della guerra non conosce crisi. Le spese militari aumentano di anno in anno e rappresentano un capitolo di bilancio che corre veloce: tutta un’altra cosa rispetto all’austerità che continua a imperversare sul mercato del lavoro e sulle spese sociali. In questo limbo fatato dove il denaro non manca mai, dal 30 novembre al 2 dicembre, a Torino si terrà l’Aerospace & Defence Meeting, la mostra-mercato dell’industria aerospaziale di guerra. Il teatro della convention internazionale sarà l’Oval Lingotto, il centro per congressi nato all’interno delle strutture industriali della ex Fiat. I numeri fanno riflettere: a partecipare saranno 600 aziende, 1.300 tra acquirenti e venditori, oltre ai rappresentanti di trenta governi mondiali. Il tutto in un ambiente chiuso: accreditarsi è problematico e in ogni caso il salone non sarà aperto al pubblico. A partecipare saranno soltanto gli addetti del settore, i portatori d’interesse e gli invitati.

Oltre al lato spettacolare, tra esibizioni e conferenze, il vero fulcro del meeting risiede negli incontri bilaterali per la cooperazione e la vendita: nel 2019, data dell’ultima kermesse prima dello stop imposto dal Covid, gli accordi furono 7.500. L’Italia farà la sua parte: secondo le stime del Sipri di Stoccolma (l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace) la spesa militare nazionale del 2021 sarà pari a 24.9 miliardi di euro, in crescita dell’8.1% sul 2020 e del 15.7% sul 2019. E mentre si discute di Pnrr, un mese fa i ministeri della Difesa e dello Sviluppo Economico hanno presentato progetti che pescheranno finanziamenti dai Fondi pluriennali per l’investimento e lo sviluppo infrastrutturale: in totale, da qui al 2034, gli investimenti saranno di 144 miliardi di euro, di cui 36.7 miliardi riguarderanno gli armamenti. L’investimento più vicino riguarda una provvista di droni modello «Reaper» per 128 milioni di euro e la Marina Militare ha già fatto richiesta di missili Cruise per i suoi sottomarini e le sue fregate.

Scorrendo le 257 pagine del Documento programmatico pluriennale 2021-2023 della Difesa, viene fuori che gli investimenti sui sistemi d’arma saranno ingenti, con decine di contratti già chiusi e che trovano giustificazione sia in non meglio precisate «ragioni strategiche» sia nella necessità di tener fede agli impegni tricolori in 41 «missioni internazionali» (che nell’ultimo anno sono costate un miliardo e duecento milioni di euro, con 9.449 militari impegnati).

La situazione è assai favorevole per il business aerospaziale, con le aziende italiane che danno lavoro a 47.274 persone per un giro d’affari che nell’ultimo anno si è assestato a quota 16.4 miliardi di euro. Numeri che rendono il nostro paese settimo nel mondo e quarto in Europa per dimensioni del mercato della guerra. La regione leader è il Piemonte, che ospita cinque aziende internazionali (oltre al colosso Leonardo, abbiamo Avio Aero, Collins Aerospace, Thales Alenia Space e Altec), muove 3.9 miliardi di euro l’anno e lavora per espandersi ancora.

A Torino, infatti, è in programma la costruzione della Città dell’aerospazio, un polo tecnologico tutto dedicato all’industria della guerra che verrà realizzato grazie all’intesa tra la Regione, il Comune, il Politecnico, l’Università, la Camera di commercio, l’Unione Industriale, l’Api, il Cim 4.0 e il Distretto aerospaziale piemontese. L’accordo tra le parti è stato siglato a ottobre, se tutto andrà bene le pratiche burocratiche saranno completate entro dicembre e l’apertura della cittadella – che avrà sede nella zona nord-ovest della città, tra Corso Francia e Corso Marche – è fissata per l’anno venturo.

Nel silenzio generale, a organizzare la mobilitazione contro l’Aerospace & Defence Meeting ci stanno pensando soprattutto i militanti della Federazione Anarchica Italiana, che da qualche settimana promuovono in varie città d’Italia iniziative informative sullo stato dell’arte dell’industria bellica italiana e si preparano a un corteo antimilitarista che sfilerà oggi a Torino (si parte alle 14 e 30 da Porta Palazzo, corso Giulio Cesare angolo via Andreis).

«L’Aerospace & Defence Meeting è un vento dove si giocano partite mortali per milioni di persone in ogni dove – spiegano gli organizzatori -, l’industria bellica è un business che non va mai in crisi e l’Italia fa affari con chiunque. Va in soffitta la retorica delle missioni umanitarie ed entra in ballo la difesa degli interessi italiani».

Un cambio di paradigma che non ha un valore esclusivamente semantico, ma che prospera sulla disattenzione di un’opinione pubblica che, per larga parte, non vede più la guerra come un problema. Forse per distrazione o forse perché l’impressione è che si combatta in paesi troppo lontani. Dagli occhi e dal cuore. Gli affari, però, vanno sempre avanti.