Oggi il presidente ucraino Viktor Yanukovich è a Mosca. Incontra l’omologo russo Vladimir Putin. Si parlerà di soldi e di sconti. I soldi che servono a Kiev per sventare la bancarotta; gli sconti sul gas che possono permetterle di mantenere paternalisticamente bassa la bolletta energetica e schivare – o ammorbidire – il negoziato con il Fondo monetario internazionale, saltato a novembre assieme agli Accordi di associazione con l’Unione europea.

L’istituto diretto da Christine Lagarde pretendeva l’adeguamento del prezzo dell’oro azzurro a quello di mercato, in cambio del via libera a un credito da una quindicina di miliardi di dollari. Richiesta, questa, che avrebbe generato malcontento, con contraccolpi sul consenso del governo e del capo dello stato, che già guarda alle presidenziali di inizio 2015.

Che al Cremlino ci siano cash e gas sul piatto è stato confermato dalla stessa Mosca. «La situazione in Ucraina è tale che senza un prestito, da una parte o dall’altra, loro (gli ucraini, ndr) non potrebbero avere una stabilità economica», ha spiegato nelle scorse ore Andrei Belousov, consigliere economico di Putin. L’allusione, oltre a quei miseri 18 miliardi di dollari rimasti nei forzieri della banca centrale ucraina, è alle due opzioni di Kiev: gli accordi con l’Ue o quelli con Mosca. Del resto i soldi cinesi (otto miliardi erogati recentemente), da soli non bastano. Senza contare che Pechino, nell’Europa dell’est, non ha tutti questi interessi strategici. Insomma, Yanukovich deve decidere una volta per tutte da chi farsi salvare, a meno che Bruxelles e Mosca non trovino un approccio concertato. Non è impossibile, ma è certamente molto difficile, considerato che Mosca, sull’Ucraina, non intende cedere neanche mezza unghia. Perdendo l’influenza su Kiev, perderebbe anche il suo rango di “impero”: la storica tesi del politologo Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza di Jimmy Carter, non è poi così lontana dalla realtà.

Se Mosca offre crediti e sconti sul gas (oltre ad aver già annunciato una certa tolleranza sui debiti di Kiev verso Gazprom), che menu propone l’Europa? La responsabile della politica estera comunitaria, Catherine Ashton, sostiene che l’Ucraina ci starebbe ripensando e sarebbe propensa a firmare gli Accordi di associazione e i protocolli sul libero scambio bocciati il 21 novembre, mentre da parte sua Bruxelles intende coprire le esigenze finanziarie dell’ex repubblica sovietica. «Sento che possiamo risolvere queste cose, alcune con il sostegno dell’Ue, altre con quello delle istituzioni finanziarie, altre ancora attraverso il settore privato», ha spiegato ieri la Ashton, che la scorsa settimana ha incontrato Yanukovich a Kiev. Bruxelles pensa di riportare l’Ucraina al tavolo con il Fmi, rendendo il pacchetto meno indigesto rispetto alla prima stesura.

Tuttavia nel fine settimana il commissario europeo all’allargamento, Stefan Fuele, s’è mostrato abbastanza pessimista, riferendo che gli ucraini non hanno risposto né affermativamente, né negativamente. Semplicemente, non hanno risposto.

Si capisce perché. Yanukovich vuole lasciare aperta la finestra, tentando in questo modo di imporre il Cremlino a non trascinarlo di forza nello spazio doganale russo-kazakho-bielorusso (prossimo l’ingresso armeno), motore della futura Unione eurasiatica con cui Putin dal 2015 intende blindare formalmente l’influenza russa nell’ex Urss. Farsi salvare, senza farsi divorare. Sembra essere questa, in sostanza, la missione di Yanukovich.

Nel frattempo a Kiev la protesta, malgrado il freddo che martella la capitale, non ha smobilitato. Domenica almeno duecentomila persone sono scese in piazza. Il giorno prima i dimostranti hanno ricevuto la visita del senatore statunitense John McCain (foto Reuters), che ha agitato nuovamente le ipotesi di sanzioni di Washington nei confronti di Yanukovich e del suo cerchio magico. Che stanno cercando dei capri espiatori da offrire alla rabbia popolare. Dopo il licenziamento del capo della polizia di Kiev (dovuto ai pestaggi nei confronti dei dimostranti), è arrivato quello del sindaco della capitale, Oleksandr Popov. Si parla inoltre di un prossimo rimpastone nel governo. Ma la piazza vuole molto di più.