Oggi la Rada, il parlamento ucraino, si riunisce in sessione speciale. Si discute, manco a dirlo, della crisi che dilania il paese. Si cercherà di trovare una via d’uscita a una situazione di confronto e scontro sempre più esacerbata.

Ormai la protesta è diventata rivoluzione. Nel movimento che si oppone al presidente Viktor Yanukovich è possibile setacciare ogni tipo di tendenza. Ci sono i cani sciolti dell’estrema destra, che rispondono non si sa bene a chi. Ci sono però anche europeisti, studenti, progressisti, attivisti delle ong e sindacalisti; pure la classe media, con i suoi professionisti, è stata sul pezzo. Sono soprattutto i suoi esponenti a organizzare gli ormai noti cortei su quattro ruote (Automaidan). Del coordinatore, Dmytro Bulatov, non si ha notizia da giorni. Scomparso.
Recentemente sono scesi in prima linea anche gli ultrà di calcio. Fanno da servizio d’ordine, sia a Kiev e sia nelle città, numerose, dove gli insorti hanno occupato o tentato di occupare i palazzi dei governatori regionali, molti dei quali nominati da Yanukovich.

Agli ultrà, ritratti dal sito di Radio Free Europe, gliene importa assai poco dell’Europa e della democrazia. Stanno nella mischia perché odiano i berkut (i reparti speciali dell’interno) e i titushki, provocatori mobilitati dal Partito delle regioni di Viktor Yanukovich. Insomma, il quadro degli insorti è frastagliatissimo. Ma, arrivati dove s’è arrivati, la cosa evidente è che questo blocco, a prescindere dalla tante sfumature, converge sull’obiettivo di mandare a casa Yanukovich e il suo sistema di potere corrotto. Questa gente presidia il campo di battaglia, disposta anche al più duro degli scontri e a prendersi le pallottole. I tre capi dei partiti dell’opposizione, Vitali Klitschko, Arseniy Yatseniuk e Oleh Tyahnybok, si trovano in una posizione scomoda. Da una parta guidano e assecondano queste pulsioni.

Sabato hanno respinto l’offerta di «larghe intese» arrivata da Yanukovich, che prevedeva la nascita di un governo di transizione con Yatseniuk primo ministro e Klitschko vice. La base non avrebbe approvato, né il terzetto avrebbe più potuto alzare la posta. Dall’altra parte, Klitschko e soci devono anche contenere la foga del movimento, com’è successo ieri, quando hanno chiesto agli attivisti di Spilna Prava di liberare il ministero della giustizia, il terzo palazzo del potere, dopo i dicasteri dell’agricoltura e dell’energia, che il gruppo ha occupato. Il governo aveva minacciato lo stato d’emergenza, spiegando che la presa di edifici pubblici è incostituzionale.

È, questa dell’illegalità, una delle tre argomentazioni con cui Yanukovich, alla vigilia del dibattito odierno, ha cercato di screditare il fronte avversario. Un’altra si fonda sulla denuncia dei propositi secessionisti delle regioni occidentali del paese. Sono quelle dove il campo anti-Yanukovich raccoglie più voti e si concentra il grosso delle azioni contro i governatori, andate in scena comunque anche nell’est, il serbatoio elettorale del Partito delle regioni. Titushki e forze di sicurezza hanno fatto scudo.

La terza tesi, la più gettonata, insiste nel mettere in luce le venature estremiste della rivoluzione. Secondo Yanukovich a orchestrarla è Svoboda, il partito ultranazionalista (ma capace di cogliere anche tanti voti di protesta) di Tyahnybok. È questo, probabilmente, il motivo che l’altro giorno ha portato il capo di Stato a non proporgli ruoli nelle larghe intese. Il possibile disegno era bollire Klitschko e Yatseniuk al governo, dando invece a Svoboda la possibilità di accreditarsi come la forza che non si piega ai compromessi, innalzandone il consenso e configurando così uno scontro elettorale con il Partito delle regioni, all’insegna del meno peggio. Ma la mossa è fallita. Da qui, praticamente da zero, si riparte oggi in parlamento.

Yanukovich è stretto all’angolo. Il suo dosare carota e minacce non ha sortito effetti. Il presidente, si mormora, è pronto a revocare le cosiddette leggi anti-protesta, da stato di polizia, approvate dieci giorni fa. Oltre che a modificare la costituzione riducendo i poteri della presidenza. All’opposizione potrebbero essere offerte ancora le larghe intese. Ma il punto cruciale è la permanenza di Yanukovich alla presidenza. Klitschko e gli altri, che intanto rilanciano con la liberazione della Tymoshenko, vogliono che se ne vada, aprendo al voto anticipato (altrimenti da tenersi a inizio 2015).

Questo il quadro. Alla Rada ci si darà battaglia. Se sarà fumata nera, l’Ucraina rischia il peggio. Il compromesso potrebbe scontentare tutti, ma tamponare l’emergenza e spostare la sfida dalle strade alle urne. Sempre che l’accordo non sia stato trovato ieri sera, durante la nuova tornata di colloqui tra Yanukovich e l’opposizione. O sempre che non si trovi con un giro di telefonate tra Mosca e Bruxelles.