Una linea (un tragitto) di note singole perentorie (tragicità, liricità, affermazione del melodismo atonale). Poi dalla traiettoria nel registro medio si passa a intrecci e intercalari di vere linee orizzontali con più consequenzialità e accorrere informale di suoni sovracuti. Che diventano a loro volta linee irregolari con veri disegni sonori e allora abbiamo un episodio sensazionale di contrappunto tra registro medio e registro acuto. Il clima si è fatto come di un errare inquieto. Siamo nella prima parte (dove si ascolta solo il pianoforte) di Senti, aspetta (2019-2022) per pianoforte e ensemble, contenuta nell’album Offese fantastiche (Stradivarius). La gran solista è Maria Grazia Bellocchio, il Divertimento Ensemble è diretto da Sandro Gorli.
DIRE «è quello che ci manca» di queste musiche di Gabriele Manca sembra l’idiota gioco di parole che spesso si fa sui nomi o cognomi. Ma dirlo seriamente, alla lettera, riferendosi alla personalità specialissima del compositore Manca è nient’altro che una constatazione. Un sollievo, anche. Perché troppo spesso ci mancano musiche pensate e realizzate con questa felicità per l’ascolto. Qui c’è radicalità estrema ed estrema colloquialità, se intendiamo la distanza dall’ermetismo (pur, spesso, esaltante) della vecchia neoavanguardia.
L’ARRESTO IMPROVVISO delle «divagazioni» inquiete con un gruppo di accordi aspri è traumatico. Ma da questo spazio sonoro escono altri episodi con silenzi e ripetizioni e insistiti, l’atmosfera è di panico poetico/esistenziale. La varietà degli episodi è grandissima e altrettanto forte è il senso dell’improvvisazione, come quando si procede scoprendo continuamente nuovi territori aperti. Inutile cercare una continuità del discorso se non in un abbandono alla circolarità del pensiero e alla sorpresa per nuove possibilità espressive.
Gabriele Manca lo dice: di solito una musica si progetta e chi l’ascolta la percepisce (giudica, magari, ne gode, magari, anche se Lacan e Boulez vietano il termine godimento, ndr) dopo la sua conclusione, ma come fare una musica che si percepisce ecc. mentre avviene se non ammettendo che è arrivato il momento «in cui una certa «violenza pianificatrice», favorita proprio dall’estrema e ingombrante presenza della scrittura come strumento coercitivo, cesserà di determinare e delineare molta parte del pensiero in musica».
Ci sono nell’album anche Il dodicesimo studio (2013) e Offese fantastiche (2023, in sette movimenti), opere per pianoforte solo. Il pezzo che funge da title track, peraltro enunciato in spagnolo, Ofensas fantasticas, dura 28 secondi. Concitati accordi di una sequenza free strepitosa. Offese a chi? A che cosa? Forse all’ordine costituito che non sopporta la sovversività della fantasia.