Urne aperte oggi per elezioni parlamentari che si giocheranno tra candidati che negli ultimi mesi non hanno esitato a rompere ogni prassi istituzionale. La sfida principe è tra due coalizioni, “Fiumi di giustizia” trainata dal Partito socialdemocratico croato (Sdp), e l’Unione democratica croata (Hdz) dei conservatori in carica. Defilata invece la piattaforma progressista e verde di Možemo, così come i partiti dell’ultradestra come Most.

Soprattutto, la sfida è tra i due uomini al comando: il presidente Zoran Milanovic e il primo ministro uscente Andrej Plenkovic. Plenkovic, conservatore di Hdz al potere da otto anni, cerca quel terzo mandato che ne farebbe uno dei leader europei più longevi. Nel 2016 aveva ottenuto la vittoria con una ricetta in salsa liberista a base di crescita economica e correzione della spesa pubblica. Due mandati dopo, il paese è scosso da proteste legate a caro vita, crisi degli stipendi e un’emigrazione che sottrae energie e speranze. Una crisi tanto profonda da costringere Plenkovic, nel marzo scorso, a rimettere il mandato nelle mani del presidente della repubblica croata, Zoran Milanovic.

Il 15 marzo Milanovic, confermando la data delle elezioni anticipate per il 17 aprile, ha spiazzato tutti con l’annuncio della sua personale discesa in campo alla guida della coalizione socialdemocratica. Persuaso che le opposizioni abbiano bisogno del suo peso politico personale per poter davvero puntare alla vittoria, la sua candidatura ha rappresentato un atto al di fuori degli schemi istituzionali, ancor più perché non sono arrivate le dimissioni dalla presidenza.

L’annuncio ha sollevato un polverone istituzionale e anche moltissimi sopraccigli nelle fila stesse dell’opposizione. Ma un Milanovic sicurissimo di sé ha affermato che le dimissioni sarebbero arrivate solo dopo la vittoria nelle urne, da lui data per certa.

Il presidente ha provato a giustificare lo strappo istituzionale con il caso Turudic, la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’arena politica croata e fatto riverberare il paese di sdegno e sfiducia nel governo in carica. Ivan Turudic, ex giudice dell’alta corte penale, è stato nominato procuratore generale da Plenkovic in un’infuocata seduta del Sabor, il parlamento croato, il 7 febbraio scorso. Una nomina contestatissima per la vicinanza di Turudic all’Hdz. Le opposizioni vedono in Turudic lo scudo approntato dalla maggioranza contro i continui processi per corruzione che hanno tormentato gli otto anni di governo conservatore.

La sequenza di irritualità istituzionali è il dato evidente di elezioni che si stanno giocando senza esclusione di colpi e che si terranno in un contesto pesante per il giornalismo croato, vessato, secondo i dati dell’Associazione dei giornalisti croati (Hrvatsko novinarsko društvo), da quasi un migliaio di querele. A contribuire anche un Plenkovic che ha alzato i toni di una retorica aggressiva nei confronti della stampa e un governo che ha preparato il campo di battaglia con un disegno di legge che criminalizza la rivelazione di informazioni confidenziali.

La sfida tra i candidati resta apertissima. I sondaggi danno l’Hdz in consolidato vantaggio con una forbice assai variabile tra il 5 e il 16%, ma raccontano anche di quanto potrebbe essere complicato, per il partito vincente, riuscire a formare un governo. Milanovic resta il politico più popolare, mentre Plenkovic gode di un certo riconoscimento in Europa grazie anche all’impegno profuso in favore dell’allargamento della Ue nella regione. Con un occhio alle elezioni europee in arrivo, l’asse tra Zagabria e Bruxelles potrebbe venire scosso dagli esiti delle urne di oggi e del giugno prossimo, quando anche il Parlamento europeo potrebbe cambiare colore.